venerdì 4 novembre 2016

Storia di un bambino che non voleva traslocare

La nostra è una famiglia di profughi. Noi spostiamo mobili e persone con cadenza massimo trimestrale più o meno da quando ho 8 anni.

Originariamente, questi traslochi erano voluti da mia madre. Noi li chiamavamo, ad ogni giro di giostra, i suoi "piani trimestrali", appunto, in chiara contrapposizione a quelli quinquennali.
Ma il nostro è un fatto di sangue (nel senso di DNA, non violento).
Erano partiti dalla Svizzera i miei avi e prima ancora dall'Austria. Si erano mischiati sangui ungheresi, italiani, teutonici, dell'estremo sud, dell'estremo nord.
Anche all'interno dell'Italia non siamo mai stati troppo fermi. Ed insieme a noi, ha sempre traslocato un bagaglio di tradizioni che si consolidava e che si ampliava, si ricercava, si confermava e si radicava - se necessario - ancora un po'. Punkelchen, ad esempio. Punkelchen è un folletto dei boschi; si è trasferito dalla profonda Svizzera nei boschi di Guadernago, nel comune di Agazzano, per seguire Gabriella, mia nonna, e crescere adeguatamente Berti, mio padre.
Ma partire - si sa - è un po' morire e per chi non ama la ricerca dell'instabilità muoversi e spostarsi può costituire un serio trauma. Così Punkelchen ha scritto una lettera a Giorgio, mio nipote (che si chiama proprio come il fratello di mia nonna) quando lui non voleva saperne di fare il suo sesto trasloco in 7 anni di vita.


Caro Giorgio,
scusa se scrivo un po' male, ma sai, io sono vecchietto, non ci vedo tanto bene e poi, qui nel bosco, si scrive poco, si parla così così e per lo più si fanno dei versi, per ingannare gli adulti ed in particolare i cacciatori.
Questa notte, mentre cercavo un po' di ghiande per Jurgen lo scoiattolo (a proposito: grazie per le pesche che mi hai lasciato ai confini del bosco, erano davvero deliziose!) ti ho sentito piangere veramente sconsolato, per via del fatto che da Sessa la tua famiglia si trasferirà a Bellinzona.
Ti giuro: quando ho sentito il nome della mia città natale mi è saltato il cuore in gola ed ho pensato di scriverti per raccontarti il perché.
Come sai, recentemente (proprio 2 o 3 giorni fa) ho finito anche io il trasloco della mia casa e sono venuto a vivere al Bosco della Fonte, dopo che degli adulti sporchi e rumorosi hanno rotto la nostra quiete costruendo una cosa orribile che loro chiamano casa al Poggio Zucchino Vecchio, dove io ho vissuto per oltre 60 anni.
Non contenti dello schifo che stavano facendo, mi facevano anche pipì e popò in giardino! Ho provato molto dolore mentre preparavo scatoloni e valige ed ho pianto tanto, perché lì erano tanti ricordi e tanti amici, che alcuni son restati (tipo i Topi ed i Ricci per esempio) ed altri sono andati da altre parti (i Daini ed i Cinghiali). Avevo paura di non rivederli più.
Gli uccellini mi consolavano (ma si sa, loro sono abituati ai traslochi), ma io non gli credevo.
Appena arrivato nella mia nuova casa, che ho sistemato con tutte le cose che mi sono più care, ho pensato: "Non troverò mai più nuovi amici!", ma, mentre stavo coi lacrimoni già pronti a cadere, sento bussare alla porta. "Chi - sniff sniff - chi è?" domando io. "Sono Jurgen" squittisce una vocina fuori "Jurgen lo scoiattolo! Ed abito pochi alberi più in là, vedi?" mi dice quando mi affaccio alla porta e mi indica con la zampa un pino alto alto vicino ad un sambuco. "E tu devi essere il mio nuovo vicino di casa" aggiunge, mentre con l'altra zampa mi porge una ghianda in dono.
"Me l'avevano detto i fagiani che stavi arrivando" e, scansandomi con leggerezza, entra in casa in attesa di un Tea. Ecco, i nuovi amici arrivano così: inaspettati, come un temporale estivo.
Ora però, caro amico mio, veniamo al motivo per cui ti scrivo; che è poi quello per cui il mio cuore ha sobbalzato.
Agli inizi del secolo scorso, la mia mamma ed il mio papà, per dare un futuro migliore ai miei fratellini, decisero (proprio loro, che avevano sempre vissuto in montagna) di trasferirsi in città, dove avrebbero cercato una famiglia di umani per bene, per andare a vivere nel loro giardino ed avere più cibo e meno freddo; certo mai avrebbero immaginato che la loro vita sarebbe cambiata così!
Traslocarono dunque e poco a poco conobbero i bambini che abitavano lì (lo sai vero che noi facciamo amicizia più facilmente con i bambini?) e poi anche con i loro genitori, mentre ai loro amichetti facevano credere di essere solo balocchi o nani da giardino (per sicurezza, sai?). Io sono nato lì, in un posto stupendo che si chiama "Il Dragonato". Celestino (Celo) era un gran disegnatore ed era proprio uno Stoffel purosangue. Ho lasciato Bellinzona per seguirlo a Zurigo, ad Arco (che bello!) e poi mi sono preso cura di sua figlia Gabriella e dei suoi fratelli Giovanna e Giorgio (proprio come te).
Sono andato con loro a Torino e poi, quando Gabriella si è sposata, con lei mi sono trasferito qui, a Guadernago, dove con suo figlio Berti ho costruito la casa in cui ho vissuto fino a pochi giorni fa.
Questa è la storia che ti volevo raccontare, che comincia proprio da lì, da Bellinzona, dove tu stai per andare a vivere e dove in verità ci son nato io.
La tua mamma la conosce bene questa storia, perché è la storia della sua famiglia: fattela raccontare!
Ora, caro Giorgio, sono troppo stanco per disegnare tutto quello che avrei voluto, e nei modi sublimi che il tuo trisnonno Celestino mi ha insegnato, per cui voglio pregati di alcune cose:
1) Disegna tu, per me, nei rettangoli che ti ho lasciato bianchi;
2) Porta i miei saluti a (e mandami una carolina da) Bellinzona, 
MA SOPRATTUTTO
3) Amala come l'ho amata io, perché è la tua città, Giorgio, e lì ti troverai bene e crescerai felice.
Con affetto, tuo
Punkelchen



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