venerdì 28 febbraio 2020

La cassetta degli attrezzi


La cassetta degli attrezzi è un faldone strutturato in tre diverse sezioni:

  1.  formulari di riferimento
  2.  presentazioni di teoria
  3.  esercizi svolti per argomento.

La cassetta degli attrezzi è uno strumento che ogni studente deve costruire da zero,  con l'obiettivo di mettere ordine all'interno delle conoscenze matematiche. Si chiama cassetta degli attrezzi perché deve diventare il punto di riferimento per lo svolgimento degli esercizi e per lo studio della materia e dal suo interno devono quindi essere conservati in maniera ordinata è strutturata tutti gli attrezzi necessari per affrontare ogni argomento.

Cosa serve:


  • un quadernone ad anelli A4










  • delle buste di plastica trasparenti con anelli nelle quali  mettere le stampe dei formulari e delle presentazioni di ogni argomento







  • dei separatori colorati con cui distinguere le tre sezioni formulari, teoria, esercizi.






  • fogli di carta A4 per quadernoni ad anelli a quadretti con i quadretti di due formati: 5mmx5mm ed 1cmx1cm.  Queste sono le dimensioni ottimali di un quadretto per poter mantenere gli appunti ordinati ed i disegni chiari


















  • dei post-it segnalibro, per evidenziare le schede più importanti









  • matite e pennarelli colorati. la matematica è colorata. 
  • le matite ideali da disegno sono di durezza B o 2B.  le matite HB a mio avviso sono già troppo dure.




Come regole generali:
  • per scrivere gli appunti è meglio utilizzare la matita. La penna lasciamola ai compiti in classe. 
  • armatevi di una dose notevole di pazienza e di volontà soprattutto per abbattere la convinzione iniziale che la matematica sia stata inventata per darvi fastidio! 







martedì 15 ottobre 2019

Di necessità virtù.

Rappresentazione bidimensionale di un wormhole.
Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Ponte_di_Einstein-Rosen

Avanti, popolo dei laureati! A scuola c'è bisogno di tutti!
È rispondendo a questa chiamata che qualche anno fa mi sono inserita nelle liste della terza fascia.

Ci credo, ci credo a bomba.

Tutti i miei studenti presenti passati e futuri hanno il mio numero di cellulare e lo usano. Lo usano appropriatamente. Mi chiedono come si risolvono gli esercizi, mi chiedono di correggere i loro errori. Mi domandano cosa si farà il giorno dopo. A volte mi scrivono solo per sapere come sto. Spesso, questa domanda sottintende che desiderano che la stessa cosa gliela chieda io, così, se hanno qualcosa sullo stomaco possono dirmelo, possono trovare un punto di riferimento.
Anche i genitori dei miei alunni hanno il mio numero di cellulare. Perché succede che i genitori lavorino e che il loro lavoro sia incompatibile con gli orari delle udienze. Succede che mi debbano parlare, che vogliano sapere come vanno i figli. Che mi debbano spiegare qualcosa. Che vogliano semplicemente seguire i loro ragazzi, compatibilmente con gli impegni che la vita gli impone, per pagare le bollette.

Avanti popolo dei laureati, mancano docenti!
Il popolo dei laureati risponde alla chiamata e credetemi, con un entusiasmo ed una voglia di mettersi in gioco che non sono paragonabili a quella di molti colleghi che da troppo tempo vivono solo all'interno della bolla scolastica.
È un tesoro inestimabile, quello che lo Stato sta mettendo nei suoi forzieri: gente che si compra le librerie per studiare, per essere all'altezza; gente che porta all'interno della scuola la consapevolezza che proviene dal mondo del lavoro privato, dove ci sono obiettivi, le scadenze, la flessibilità, gli appuntamenti, i rischi professionali, la responsabilità. Gente per la quale il pacchetto office fa parte già del suo quotidiano. Gente per la quale LA LINGUA STRANIERA FA PARTE DEL SUO QUOTIDIANO! Gente che va a scuola col suo ipad o col suo tablet, per offrire nuovi strumenti e per condividere con i ragazzi l'uso corretto di quella enorme biblioteca incontrollata che è internet.

Avanti, popolo dei laureati! C'è bisogno di ingegneri, economisti, traduttori, c'è bisogno di professionisti!
E noi professionisti rispondiamo alla chiamata, fidandoci ed affidandoci alle regole che immaginiamo siano sottese a questa chiamata.

-                   Popolo dei laureati, vi mancano 24 CFU.
-                   Prendiamo 24 CFU.

-                   Popolo dei laureati, il contratto è a tempo determinato.
-                   Ci prendiamo il contratto a tempo determinato.

-                   Popolo dei laureati, prima o poi vi facciamo sapere se e quando sarete chiamati.
-                   Aspettiamo fiduciosi.

-                   Popolo dei laureati, potete fare la libera professione.
-                   Ci organizziamo.

-                   Popolo dei laureati, i calendari che vi forniamo sono tutti provvisori.
-                   Ah. E quindi?
-                   E quindi voi non avete libertà di pianificare un c****, perché decidiamo noi i vostri tempi e i vostri modi.
-                   Ma allora non possiamo fare la libera professione.
-                   Popolo dei laureati, come osate?
-                   No, guardi, è la considerazione di uno stato di fatto. Se gli appuntamenti che prendiamo sono tutti cancellabili e i calendari sono tutti provvisori, non possiamo prendere appuntamenti.
-                   Certo che potete.
-                   E se cambia la data?
-                   Li cancellate.
-                   Ma non possiamo cancellarli!
-                   Dovete, io sono lo Stato e posso tutto.
-                   Mi scusi, signor Stato, ma se lei - attraverso i suoi vicari - può fare tutto del mio tempo, io che tempo posseggo?
-                   Quello residuo.
-                   E qual è?
-                   Quello che decido io.
-                   Quando?
-                   Entro 5 giorni lavorativi.
-                   Ma se io fisso un appuntamento non in conflitto e poi Lei cambia le date?
-                   Il tuo appuntamento diventa in conflitto. È un oltraggio, oltre che fuori legge.
-                   Allora non dispongo del mio tempo.
-                   Disponi del tempo che ti lascio.
-                   Ma se non so qual è...
-                   Oltraggio! Io sono lo Stato e posso tutto.

-                   Popolo dei laureati! Portate le vostre fresche competenze nel mio Regno!
-                   Signor Stato, noi lo faremmo volentieri, ma c'è un problema di fondo. Se non posso lavorare come libero professionista, posso chiedere la disoccupazione mentre non lavoro?
-                   Certo.
-                   Ma ho una partita IVA.
-                   Oltraggio!!! Se hai una partita IVA non sei un disoccupato.
-                   Ma se non posso usarla con la flessibilità che mi richiede il connubio delle due professioni?!
-                   Bravo precario! Flessibilità è la parola d'ordine.
-                   Ok. Io sono flessibile. E Lei, Signor Stato?
-                   Oltraggio! Lo Stato non è flessibile. Lo Stato determina e tu segui!
-                   ... Quindi?
-                   Chiudi la partita IVA.
-                   Ma io NON VOGLIO chiedere la disoccupazione!
-                   bravo, così risparmio.
-                   Ecco, giusto, quindi che io lavori Le conviene.
-                   Certo che mi conviene.
-                   Quindi Le servono dei professionisti! Io sono un professionista! Mi ha chiamato perché da professionista ho delle competenze!
-                   Esatto, e me le devi dare.
-                   Volentieri Signor Stato, ma quando le accumulo queste competenze?
-                   Nel tempo che non mi appartiene.
-                   E qual è il tempo che non le appartiene?
-                   Quello residuo.
-                   Mi sento in un wormhole*
-                   Oltraggio! Non si usano parolacce in mia presenza!
-                   Ma… è la relatività generale, Einstein, ha presente?
-                   Oltraggio! Metti in dubbio la mia onniscenza?
-                   Giammai Signor Stato mi permetterei. Ma quindi Signor Stato come devo comportarmi?
-                   Shhhh, ti dico un segreto, piccolo precario. Siamo in Italia.
-                   …E quindi?
-                   Basta una dichiarazioncina, una piccola finta verità….
-                   Una balla?
-                   Oltraggio, io non dico balle, TU DICI BALLE!
-                   Cioè, mi faccia capire….
-                   Semplice: nella mia infinità bontà ti permetto di dirmi una balla e, a seconda di come mi gira, decido poi se verificare o meno la tua dichiarazione mendace.
-                   E se le gira storto?
-                   Oltraggio! Non ti fidi di me????
-                   Onestamente, qualche piccola difficoltà la nutro…
-                   Beh insomma chiudiamola qua. Tu sei di mia proprietà, per il tempo che è utile a me e quando fa comodo a me. Nel resto del tempo, puoi fare quello che ti pare.
-                   Wormhole…




*wormhole: un ponte di Einstein-Rosen o cunicolo spazio-temporale, detto anche wormhole (in italiano letteralmente "buco di verme"), è una ipotetica caratteristica topologica dello spaziotempo che è essenzialmente una "scorciatoia" da un punto dell'universo a un altro, che permetterebbe di viaggiare tra di essi più velocemente di quanto impiegherebbe la luce a percorrere la distanza attraverso lo spazio normale. Di fatto, puoi tornare indietro nel tempo in un loop infinito.

14/10/2019: In classe


Entro in classe, faccio l’appello, firmo le giustificazioni, leggo gli avvisi.
Prego il ragazzo dell’ultimo banco di scendere dal davanzale della finestra, per non ammazzarsi. Lo faccio con voce gentile, perché, come mi hanno spiegato oggi al corso di formazione obbligatoria, i ragazzi hanno bisogno di sentirsi accolti, non giudicati.
Raccolgo le palline di carta che provengono dal terzo banco sulla destra e, con fare accattivante, introduco le scomposizioni. Intanto, riparo la lim, che il tecnico è troppo impegnato per aggiustare e comunque questa cosa richiede competenze che non sono le sue.
Spiego alla ragazza in seconda fila che non ha brufoli sulla punta del naso e che quindi può chiudere l’app specchio del suo cellulare. Se vuole però può aprire il sito Matematika dove ci sono tutti i formulari principali.
Raccolgo le istanze sindacali dei ragazzi a cui ricordo che ho caricato dei compendi di teoria sulla didattica del registro, perché stampare costa. Gli ricordo che i formulari sono utili e che se non vogliono stamparli possono ricopiarli in bella calligrafia, come facevo io alle scuole superiori. Dopo ampio rumoreggiare, tengo un trattatello di 5 minuti sul perché « figa prof cazzo » non è intercalare adeguato al luogo ed alla situazione. Non capiscono, in fondo mi hanno chiamato prof.
Mentre entra la signora ATA che comunica ai ragazzi che entrano 2 ore dopo ed il pomeriggio non lo fanno, perché il personale è definitivo da questa settimana ma c’erano delle difficoltà logistiche, traduco in inglese le 4 str***** che sono riuscita a dire sulle scomposizioni alla ragazza del primo banco, che è educatissima ma non parla una parola di italiano. Suona la campanella ed io mi sento in colpa, compilando il registro, a scrivere « introduzione alle scomposizioni ».

venerdì 11 agosto 2017

Piacenza, 26 aprile 2017

E' fatta. Abbiamo vinto noi.

Giro e rigiro tra le mani la lettera del suo neuropsichiatra. "In conclusione, il bambino quindi non presenta più, all'oggi, un quadro clinico che giustifichi il riconoscimento dello stato di handicap".

Con queste parole, a sette anni esatti di distanza da quella lettera in cui "la Signoria Vostra è risultata handicappata", si chiude il sipario sulla malattia di Pietro e si apre, finalmente, quello sulla sua vita.

Pietro frequenterà la scuola media Nicolini e, se avrà superato gli esami - cosa che scopriremo a metà ottobre circa - anche il conservatorio.

Ora Nicolò ed io possiamo aspettare che vengano gli amori, i dolori dell'adolescenza, le paure, le pizze e i cinema con gli amici. Potremo stare in pena quando chiederà il suo primo motorino, per goderci lo spettacolo di quel giorno, in cui la freccia volerà definitivamente da sola.

Grazie a chi ci ha accompagnato, a chi ha capito, a chi no.

Grazie a Dio (o a come più v'aggrada chiamarlo), per il dono incredibile che ci ha fatto, di poter assistere alla nascita ed alla rinascita, alla doppia vita di questo miracolo della natura che è nostro figlio Pietro.

D'ora innanzi, potrò essere solamente "Mamma".

La voce del distacco

[...]
Passeggere. Credete che sarà felice quest'anno nuovo?
Venditore. Oh illustrissimo si, certo.
Passeggere. Come quest'anno passato?
Venditore. Più più assai.
Passeggere. Come quello di là?
Venditore. Più più, illustrissimo.
[...]
Passeggere. [...] Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
Venditore. Speriamo.
Passeggere. Dunque mostratemi l'almanacco più bello che avete.
Venditore. Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.
Passeggere. Ecco trenta soldi.
Venditore. Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi!

***

La più bella delle figlie di Priamo divenne oggetto d'amore di Apollo, che per conquistarla le conferì il dono del vaticinio. Rifiutando di unirsi a lui, tuttavia, subì la sua vendetta: sputandole sulle labbra serrate per non baciarlo, egli condannò Cassandra a restare per sempre inascoltata.

Ciascuna cultura ha, nella sua tradizione o nella sua letteratura, una storia che esorta a non rinnegare la facoltà che a ciascuno di noi è stata donata, di poter traguardare gli esiti possibili di una situazione, sulla base dell'esperienza maturata e delle condizioni in cui essa si manifesta.

Ad Einstein viene attribuita una frase celebre: follia è fare sempre la stessa cosa ed aspettarsi risultati diversi. C'è in fondo tutta la sua scienza e poco, molto poco di casuale; d'altronde, secondo lui "Dio non gioca a dadi con l'Universo". 

Un risultato scientifico è valido solo se, a parità di condizioni al contorno, di processi e procedure, il risultato è sempre lo stesso. Il processo è sterilizzato di tutto ciò che è superfluo (super-fluo; compito a casa: cercare il significato dell'etimo).

Abituarsi a vedere le cose con distacco consente di pre-vedere facilmente l'evoluzione delle situazioni. Il mondo non è dell'imprevedibile o dell'imprevisto. Il mondo è per lo più prevedibile, per quanto questo possa cozzare con ciò che a noi piacerebbe che fosse.

Cassandra, dunque, è la voce del distacco, quella che noi ci ostiniamo a non voler sentire, a zittire, perché racconta che normalmente la stessa sequenza ripetuta genera gli stessi risultati. Non c'è niente di magico, in realtà. Basta smettere di mentire (e mentirsi).

mercoledì 12 luglio 2017

Una digressione della Benny a proposito degli spazi ad n dimensioni

Dimensione: dal lat. dimensio -onis ‘misura’, der. di dimensus, p. pass. di dimetiri ‘misurare’ •inizio sec. XIV.

È, quello della dimensione, un concetto fondamentale, direi basilare della fisica e - più ancora - della matematica (che è, contrariamente alla fisica, una scienza esatta).

La dimensione, in questi mondi, non ha necessariamente un significato legato alla posizione (o alla variazione della posizione nel tempo) di un oggetto. La dimensione è, etimologicamente, una caratteristica misurabile, o meglio ancora è la misura di una caratteristica. Esistono poi grandezze fondamentali e altre derivate, ma questo è un altro ragionamento.

Uno "spazio", in matematica e in fisica, è un luogo astratto, in cui alcune dimensioni (non per forza metriche o temporali) vengono messe in relazione reciproca attraverso delle leggi. Non necessariamente questo spazio è rappresentabile graficamente, poiché non necessariamente le grandezze (ovvero le caratteristiche da misurare) coinvolte in una legge sono tre.

Se dunque per un momento si fa lo sforzo di uscire dalla zona di comfort delle nostre conoscenze empiriche, allora, d'un tratto, può prendere senso l'esistenza di spazi multidimensionali di più delle 4 dimensioni a cui normalmente l'ambiente circostante ci ha abituato, senza per questo perdere un significato chiaramente comprensibile attraverso l'esperienza di ogni giorno.

Sono le parole spazio e dimensione quindi che ci portano un po' fuori strada. Se a "spazio" sostituiamo "insieme di molteplici valori di grandezze" ed a "dimensione" sostituiamo, appunto, "misura", non è difficile pensare ad una "regola" (una legge) che rappresenti le reciproche variazioni di n caratteristiche che io pongo in correlazione.

Chi gioca con Photoshop può capire con questo esempio. Nella trasformazione di una immagine dall'originale a quella migliorata, posso decidere di modificare luminosità, contrasto, saturazione, temperatura e altre caratteristiche ancora. La ricetta specifica con cui io cambio queste grandezze definisce il risultato finale e le combinazioni di quadruplette di valori di ciascuna singola caratteristica definisce tutti i punti possibili di questo campo quadridimensionale.

Un filtro è un set di variazioni di valori sempre uguali delle caratteristiche, che sommate ai valori intrinseci della foto di partenza genera il risultato finale. Un filtro è quindi una funzione n-dimensionale.

Ora l'immagine ha due dimensioni per quanto riguarda la posizione dei punti nel piano della foto stessa, ma le grandezze che operano la trasformazione in questo caso sono 4.

La foto non è dunque niente altro che un oggetto che è definito da punti di coordinate x,y dove ciascun punto è caratterizzato, oltre che dalla sua posizione, anche dal valore di luminosità, contrasto, saturazione e temperatura. Dunque 6 valori. Dunque 6 dimensioni.

A chi è tecnico di fisica o di fotografia, chiedo scusa per i minimi termini, ma era il tentativo di fare un esempio comprensibile su qualcosa ormai di quotidiano; trovo sempre interessante verificare come ci si stupisca ogni volta che le persone non capiscano, quando spesso si fa di tutto perché sia così, a partire dai nomi che si danno alle cose o meglio dalla spiegazione dei molteplici significati di una parola.

Ite, missa est!

martedì 13 giugno 2017

Del disegno a matita

A chi vuole approfondire seriamente questa tecnica - restando ovviamente in campo amatoriale - non posso non suggerire un grande classico tutto da divorare: il libro si chiama "Disegnare con la parte destra del cervello" e l'autrice si chiama Betty Edwards è un'artista e pittrice californiana, che nel 1979 ha pubblicato la sua prima edizione del testo, poi riveduto corretto ed affinato.
E' un libro che contiene esercizi e consigli, nozioni tecniche e scientifiche; è un testo interessante e leggero da leggere, piacevole, motivante. E ci insegna una cosa straordinaria: il nostro cervello ci inganna. Sì, ci inganna.

I due emisferi che lo compongono hanno scopi ed obiettivi differenti: la capacità di analisi, il linguaggio sono della parte sinistra del cervello; la capacità di sintesi, la lettura di un quadro o una mappa dell' emisfero destro. Il cervello di sinistra però è convinto di essere il migliore e per questo tende a schiacciare quello destro. La ragione (sinistra) blocca la creatività (destra) per un'infinita concatenazione di cause innate e indotte che ci portano a pensare che la vocazione artistica - in qualità di vocazione, appunto - sia un dono che scende come una luce su pochi eletti e questa convinzione calda e coccolosa ci permette di abbandonarci tra le braccia della nostra inedia, piangendo per la sfortuna di non essere stati "chiamati".
Invece no. Non è così e la vita ti offre ogni giorno freneticamente le occasioni per chiudere, riaprire, esaminare, accertare, esplorare, indovinare e finalmente sentire la tua vocazione. Perché la vocazione altro non è che una passione supportata da talento ed il talento - si sa - lo si può allenare. Quindi, abbandonate la vostra pigrizia ed il falso convincimento che non siete capaci di disegnare ed accettate l'evidenza, per cui dovete coltivare la tecnica e l'inventiva.

Il fatto che quando disegnate un albero, ad esempio, esso sia completamente differente rispetto al modello che voi avete utilizzato, non è altro che frutto dell'inganno del vostro cervello sinistro. Lui è logico, conosce l'astrazione, sa che un albero alla fine può essere un faggio o una quercia, un castano o una conifera, ma pur sempre appartiene alla categoria degli alberi. Quindi, una palla per la chioma, un rettangolo per il tronco et voilà, il gioco è fatto! 
Va bene? Boh, sì, anche sì, certo. Ad esempio, è perfetto se state pensando di predisporre delle "strisce", dei comix molto stilizzati come quelli che piace fare a me. Ma non se state facendo una copia dal vero di un ippocastano. Guardate la foto, confrontatela con l'immagine e capirete che non va assolutamente bene. Invece può andare d'accordo con lo schizzetto, perché lo schizzetto è fatto tutto di astrazione. Sì perché in sostanza la parte sinistra del cervello - per farti risparmiare tempo e distrarti da queste velleità artistiche - ti fa tirare fuori la tua IDEA di albero e non permette al cervello destro di vederlo COSI' COME E'. Ma esiste il trucco per fregare il cervello sinistro e funziona benissimo. Ad esempio, si può iniziare a fare copie da immagini stampate o a video e si può copiare queste immagini, anziché nel verso in cui il nostro cervello è abituato a vederle, esattamente al contrario. A testa in giù, insomma. E voi dovete copiarlo esattamente così, a testa in giù. Quindi in alto disegnerete le radici, la terra, poi a scendere il tronco e giù giù fino alla chioma, il cielo, il sole. Il vostro cervello sinistro a questo punto è preso alla sprovvista. Non capisce, non riconosce e non solo non vi ostacola ma vi aiuta con la sua capacità di analisi superiore. E voi vi scoprite magari non Michelangelo ma chissà, invece forse anche sì.

Dunque, prendete matite e carte diverse e mettetevi alla prova: nella copia delle anatomie (al contrario!), negli schizzi stilizzati, nei paesaggi, nei ritratti (da foto, al contrario!) e così via, fino a sviluppare una tecnica che vi consentirà di passare al disegno dal vero e poi alle tecniche pittoriche su una base ormai solida.