mercoledì 12 luglio 2017

Una digressione della Benny a proposito degli spazi ad n dimensioni

Dimensione: dal lat. dimensio -onis ‘misura’, der. di dimensus, p. pass. di dimetiri ‘misurare’ •inizio sec. XIV.

È, quello della dimensione, un concetto fondamentale, direi basilare della fisica e - più ancora - della matematica (che è, contrariamente alla fisica, una scienza esatta).

La dimensione, in questi mondi, non ha necessariamente un significato legato alla posizione (o alla variazione della posizione nel tempo) di un oggetto. La dimensione è, etimologicamente, una caratteristica misurabile, o meglio ancora è la misura di una caratteristica. Esistono poi grandezze fondamentali e altre derivate, ma questo è un altro ragionamento.

Uno "spazio", in matematica e in fisica, è un luogo astratto, in cui alcune dimensioni (non per forza metriche o temporali) vengono messe in relazione reciproca attraverso delle leggi. Non necessariamente questo spazio è rappresentabile graficamente, poiché non necessariamente le grandezze (ovvero le caratteristiche da misurare) coinvolte in una legge sono tre.

Se dunque per un momento si fa lo sforzo di uscire dalla zona di comfort delle nostre conoscenze empiriche, allora, d'un tratto, può prendere senso l'esistenza di spazi multidimensionali di più delle 4 dimensioni a cui normalmente l'ambiente circostante ci ha abituato, senza per questo perdere un significato chiaramente comprensibile attraverso l'esperienza di ogni giorno.

Sono le parole spazio e dimensione quindi che ci portano un po' fuori strada. Se a "spazio" sostituiamo "insieme di molteplici valori di grandezze" ed a "dimensione" sostituiamo, appunto, "misura", non è difficile pensare ad una "regola" (una legge) che rappresenti le reciproche variazioni di n caratteristiche che io pongo in correlazione.

Chi gioca con Photoshop può capire con questo esempio. Nella trasformazione di una immagine dall'originale a quella migliorata, posso decidere di modificare luminosità, contrasto, saturazione, temperatura e altre caratteristiche ancora. La ricetta specifica con cui io cambio queste grandezze definisce il risultato finale e le combinazioni di quadruplette di valori di ciascuna singola caratteristica definisce tutti i punti possibili di questo campo quadridimensionale.

Un filtro è un set di variazioni di valori sempre uguali delle caratteristiche, che sommate ai valori intrinseci della foto di partenza genera il risultato finale. Un filtro è quindi una funzione n-dimensionale.

Ora l'immagine ha due dimensioni per quanto riguarda la posizione dei punti nel piano della foto stessa, ma le grandezze che operano la trasformazione in questo caso sono 4.

La foto non è dunque niente altro che un oggetto che è definito da punti di coordinate x,y dove ciascun punto è caratterizzato, oltre che dalla sua posizione, anche dal valore di luminosità, contrasto, saturazione e temperatura. Dunque 6 valori. Dunque 6 dimensioni.

A chi è tecnico di fisica o di fotografia, chiedo scusa per i minimi termini, ma era il tentativo di fare un esempio comprensibile su qualcosa ormai di quotidiano; trovo sempre interessante verificare come ci si stupisca ogni volta che le persone non capiscano, quando spesso si fa di tutto perché sia così, a partire dai nomi che si danno alle cose o meglio dalla spiegazione dei molteplici significati di una parola.

Ite, missa est!

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