giovedì 29 settembre 2016

Accadde a Gela - Un giocatore lo vedi dal coraggio

ABA è l’acronimo inglese che sta per Applied Behaviour Analysis, cioè analisi applicata del comportamento.
Importata dall’America, dove il più importante riferimento di oggi è il prof. Vincent Carbone, l’ABA è definita come la scienza nella quale i principi dell’analisi comportamentale sono applicati con sistematicità per migliorare i comportamenti socialmente rilevanti e nella quale la sperimentazione è utilizzata per identificare le variabili responsabili del cambiamento nel comportamento.
Io, però, non sono né una neuropsichiatra, né una psicologa, né niente di affine a tutto questo. Quindi, traduco l’ABA a modo mio, con beneficio d’inventario e assoluta consapevolezza dei miei limiti.
L’ABA è qualcosa di estremamente simile alla storia del cane di Pavlov. Dagli e ridagli, Pavlov fu capace di generare uno stimolo condizionato, cioè fece salivare un cane dietro condizionamento del suono di una campanella associato all’atto di nutrirlo. 
Ciò che inizialmente è stato fatto con Pietro non si discosta enormemente da questo. Per diversi mesi mio figlio fu studiato da una psicologa del comportamento e da due operatrici, allora studentesse, oggi dottoresse.
Loro, con passione, dedizione e un desiderio di risultati che non può essere liquidato semplicemente come “professionalità”, hanno lavorato intorno a mio figlio quotidianamente, prendendo in carico tutta la nostra famiglia (tata compresa), educandoci ed insegnandoci con pazienza e con delicata fermezza l’arte di trattare con un bambino, che non sapeva dire mamma, ma contava da 1 a 100 in italiano ed in inglese e faceva le somme all’età di due anni e mezzo.
È una scienza l’ABA? L’Istituto Superiore di Sanità lo liquida come un trattamento, ancorché lo indichi come il migliore ed il più accreditato. Sarà perché ho assistito ad almeno due miracoli, fino ad oggi; sarà perché, avendo usato il metodo nella cooperativa che dirigevo, ho visto i miei bambini fare progressi incredibili; sarà perché tutte hanno investito il loro sapere e la loro forza nell’aiutare questi bambini e queste famiglie.
Da ingegnere penso che più che una scienza sia un approccio derivato da una scienza. Da madre credo che questo approccio possa restituire molta vita ai bambini ed alle loro famiglie alla sola condizione di usarla come un’artista utilizza una tecnica: con competenza e spregiudicatezza, senza fermarsi mai al solo virtuosismo realizzativo. Sapendo che l’opera d’arte costerà tanto, in termini di soldi, di dolore, di fatica. E sapendo altresì che il risultato sarà il migliore ottenibile in funzione delle risorse a disposizione: dal tempo (come età del bambino e come ore di trattamento settimanali), ai soldi, conseguentemente, alle potenzialità stesse del piccolo (che di primo acchito sono veramente difficilmente stimabili), alla coerenza con cui tutti coloro che educano il bimbo interagiscono con lui. Il neuropsichiatra dell’AUSL che – dopo un incomprensibile “missing” dell’azienda sanitaria, ha finalmente in carico mio figlio, ha sintetizzato bene l’idea parlando di “compagnia teatrale” e di “rappresentazione” a favore di Pietro. Proprio così: la compagnia deve essere affiatata, i ruoli chiari, la collaborazione totale, gli obiettivi condivisi. Proprio per questo, la compagnia deve essere selezionata con cura ed attenzione e questo è oggettivamente difficile e necessita anche di una buona dose di fortuna.
Se non fosse rischioso di questi tempi chiamare in mezzo il calcio, mi verrebbe da parlare di spirito di squadra e di campioni.
L’ABA, di per sé, non credo che sia sufficiente per realizzare un miracolo come quello che abbiamo vissuto noi.
Coraggio, altruismo e fantasia sono veramente le parole che caratterizzano le persone che si sono prese cura di Pietro. Le sessioni al centro commerciale, sul pullman, al parco giochi. La tenacia e l’inventiva per insegnare a Pietro ad essere un bambino normale.
Come un macchinario medico di ultima generazione, l’ABA non è nient’altro che lo strumento migliore e più innovativo nel trattamento dell’autismo. Chi lo pratica non è necessariamente un fuoriclasse. Certo, nella mia vita ho incontrato veramente alcuni fuoriclasse e comunque credo di dover ringraziare mio figlio per la quantità di cose che per mezzo suo ho potuto imparare.

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