lunedì 5 settembre 2016

Strumenti e materiali di base

Quando si decide di imparare a disegnare (perché SI PUÒ imparare a disegnare) solitamente ha senso farlo con uno strumento di incredibile versatilità, che spesso non è considerato per tutto il suo valore e la sua pazienza: la matita. Ah! Matite ce ne sono migliaia di modelli: tutte di grafite, di legno e grafite, da temperare, autotemperanti (le mine!!! Le piccole mine 0,3 – 0,5 – 0,7…- la misura indica in millimetri il diametro della punta) ma la prima caratteristica che interessa di una matita (indipendentemente dal fatto che si voglia fare un ritratto o rappresentare la sezione del motore di una Porsche) è la sua durezza o la sua morbidezza, dichiarata attraverso una sigla alfanumerica – cioè composta di lettere e numeri – che indica la qualità del segno grafico che essa lascerà una volta passata sulla carta.
Non ho tutte le gradazioni da mostrarvi in casa e per questo mi appoggerò allo schema della KOH-I-NOOR, che per la Regina d’Inghilterra costituisce un problema diplomatico con l’India, per mia madre la marca delle spazzole con cui acconciava i suoi bellissimi capelli fulvi, mentre per me ha sempre per lo più significato il disegno ed il colore. Un po’ come dire Fabriano per la carta. Sono quelle parole che quando le cerchi su Wikipedia portano dritte dritte alla pagina di disambiguazione.

Una volta che sappiamo che una matita 9B sarà decisamente morbida (sporca molto la carta ed è grassa grassa grassa) ed una 9H decisamente dura (se non si sta attenti si arano i fogli da disegno), possiamo dire che per le esigenze di natura artistica è consigliabile partire con una mina da B a 3-4B, mentre per il disegno tecnico tendenzialmente io sono sempre partita con una HB, per le esigenze implicite di pulizia del foglio.
La carta! Uh la carta! Se di matite ce n’è a mille, la carta esagera e si propone in diversi materiali e forme, reagendo meglio per le caratteristiche di questa o quella tipologia ad una tecnica pittorica piuttosto che ad un’altra. Tuttavia, le due principali caratteristiche che distinguono la carta (senza entrare nel merito del materiale di cui è composta, cioè se sia di cellulosa, o di pietra calcarea, o di papiro o di cotone o canapa o …) sono se è liscia o ruvida e la grammatura, cioè il peso al metro quadro; questa unità di misura esprime banalmente in realtà lo spessore della carta stessa, dando per scontata una densità omogenea. In altre parole, se a parità di dimensione (un metro quadro) un foglio della stessa carta pesa 80, 110 o 150 grammi, l’unico parametro che fa la differenza è lo spessore del foglio stesso, che aumentando fa aumentare il peso.
I fogli più sottili tipicamente sono destinati agli schizzi: tratti veloci delle mani per fermare su carta un’idea, un’intuizione, che meriterà di essere approfondita attraverso bozzetti su carte più consone ad una strutturazione compositiva ed agli strumenti grafici prescelti. All’aumentare della grammatura, aumenta la resistenza del foglio.
La carta inoltre può essere più o meno porosa e questo influisce sulla sua igrometria, cioè sulla sua capacità di assorbire i liquidi. Per fare un acquerello, quindi, sarà meglio una carta più spessa e ruvida, mentre per le matite colorate o i pastelli può andare bene anche liscia.
La carta ha ancora una caratteristica interessante: la dimensione. Esistono i “fuori formato”, il che per complementarietà immediatamente ci fa capire che esistono anche dei formati standard. Non c’è un unico standard, ce ne sono alcuni. Lo standard internazionale del formato carta, l'ISO 216, è legato al più famoso numero irrazionale: la radice quadrata di 2. L’A0, che è il più grande prima dei “fuori formato”, misura esattamente 1m2. Gli altri formati a seguire (A1, A2, A3 etc.) sono ottenuti dividendo successivamente a metà il lato più lungo del foglio. Il formato più utilizzato nel mondo normale è l’A4, anche se i quaderni “piccoli” sono A5. Per il disegno, io consiglierei di iniziare con l’A3 salendo progressivamente verso l’A2, tenendo i blocchi A4 ed A5 per gli schizzi immediati o per le caroline in acquerello.
Parlando di carta, però, non riesco a non fare un accenno al cartonnage o, in italiano, cartonaggio, che è l’arte di utilizzare la carta nelle sue più svariate conformazioni e nei più variopinti modelli per ricoprire ed abbellire diversi oggetti, tra cui libri, scatole di cartone e così via. Ci sono poi un sacco di derivazioni, tra scrapbooking, decoupage e varie modalità creative di decorazione che mischiano tecniche più legate alla conoscenza del cartonaggio e della legatoria ed altre più prettamente pittoriche o “scultoree”.
Sono certa che Vittorio Sgarbi storcerebbe il naso oggi a definire oggetto d’arte una scatola lignea opportunamente decorata con stoffe, passamanerie e cristalli Swarovski. Forse non altrettanto severo nel giudizio sarebbe un mercante rinascimentale catapultato ai giorni nostri, ma certo tutti gli Swarovski del mondo non valgono quanto il Koh-I-Noor e tutto oggi, grazie alla meccanizzazione della produzione ed al progresso della tecnologia, è più disponibile e per conseguenza meno prezioso.
Questo tema porta l’attenzione sulla capacità di distinguere l’oggetto d’arte, il cui valore non è o non dovrebbe in prima battuta essere legato al valore dei materiali o dei componenti, dall’oggetto di valore intrinseco – il famoso Koh-I-Noor - dal combinato disposto delle due cose, come può essere un cofanetto ligneo rivestito in foglia d’oro, foderato in broccato e tempestato di pietre preziose, che io – personalmente – non disdegnerei.
Infine, da bambina una delle cose che preferivo era sicuramente la cartapesta.
La cartapesta ti porta a creare forme tridimensionali, mentre quando si parla di carta per lo più si è propensi a pensare in due dimensioni.


Pensando alla cartapesta tipicamente la mente va alle maschere artistiche: guardate quanto pathos e quanta stasi – quanta attesa di una trasformazione! - suggerisce la vista di questa (maschera “Larva”, di cartapesta e stoffe – anno 2013), dell’artista Ersilia Leonini di Firenze.
In realtà, sono sostanzialmente infinite le possibilità di utilizzo per questo materiale artificiale: può essere modellata come l’argilla, ma non necessita di cottura. Può essere stesa a formare un pavimento poi impermeabilizzato o può essere usata per costruire un tetto. Versatile, economica, incredibilmente facile da dipingere e da trattare, può essere carteggiata una volta asciutta e poi rifinita veramente a piacere.
E questo ci suggerisce l’ultimo spunto di riflessione per questo capitolo: decisamente non è il materiale che determina se l’opera è d’arte oppure no. Tuttavia, a me Piero Manzoni non piace.

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