mercoledì 14 settembre 2016

The Social Tycoons - Il ritardo

Mentre consumava la suola delle scarpe intorno all'area di cantiere, continuava a tornare infastidito con la testa a quella cesata. Rise pensando al suo nipotino, Paolino, piccolo, bello e solare, che, come ogni volta quando lui si rabbuiava, vedendolo gli avrebbe detto "Cos'hai nonno, pizzica il senso ragno?". Almeno per qualcuno era un supereroe. E forse Paolino aveva ragione, perché in fondo proprio un supereroe ci voleva a sopravvivere a questa crisi che non molla mai, che ha morso chiunque nella carne, che ci ha lasciati tutti più poveri, più scemi, più soli.
Guardò l'orologio indispettito. Già mezzora di ritardo e nemmeno il cenno di una chiamata per scusarsi, per dirlo almeno.
Tornò sui suoi passi e dopo qualche cento metri s'infilò giù nella cesata bucata. Sto facendo una cazzata, si disse. In effetti, non c'era ragione per cui non aspettare che arrivassero quelli, per entrare dalla porta principale, mica come un ladro. E poi, per non entrare solo, soprattutto. Ormai non era più un ragazzino ed il passato di boxeur, sì insomma, piazzato era sempre piazzato, ma la birra aveva fatto il suo corso...
Mentre faceva tutti questi pensieri, ormai si era completamente addentrato nell'ala ovest dell'area. L'erba era schiacciata, come se ci fosse stato fatto strisciare su qualcosa: un sacco, un materasso, non so. Non sarebbe certo stata la prima volta. Arriva alla piattaforma di cemento. Continua. Si vede meno bene. Va verso di là. Ecco, non si vede più niente. E adesso? Chiamo i metronotte? Mavaffanculo, và, pure ai metronotte. Andiamo a vedere i padiglioni. Tanto so riconoscere a vista se c'è entrato qualcuno.

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